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Biografia di Rudolf Steiner

Lo scienziato e l'antroposofia


Fondatore dell’antroposofia, nacque il 27 febbraio 1861 a Kraljevec, presso la frontiera austro-ungarica. Da studente curò gli scritti scientifici di Goethe. Dal 1890 al ’97 collaborò all’Archivio di Goethe e Schiller a Weimar. Dal 1902 ebbe una più intensa attività come scrittore e conferenziere, prima nell’ambito della Società Teosofica e poi di quella Antroposofica, da lui fondata nel 1913. Oltre a una trentina di opere scritte di carattere filosofico e antroposofico, sono rimasti i testi stenografati di quasi 6000 conferenze sui più diversi rami del sapere. Morì nel 1925 a Dornach (Svizzera) dove aveva edificato, prima in legno e poi in cemento, il Goetheanum, centro di attività scientifiche e artistiche fondate sull’antroposofia.


Rudolf Steiner descrive nella sua autobiografia come, durante questo periodo, il destino gli donasse ciò di cui aveva bisogno per il suo sviluppo. Egli era in grado di eseguire spontaneamente, per impulso proprio, quanto la vita gli richiedeva.

Steiner aveva circa sette anni, quando, come lui stesso racconterà più tardi, ebbe una esperienza decisiva. Gli si avvicinarono le prime sottili impressioni di un mondo che non è quello terreno, che però si può “udire” e “vedere” anche se con occhi ed orecchi diversi da quelli “fisici”. Da questo momento in poi il fanciullo fu a contatto non soltanto con gli alberi e le pietre, ma anche con gli esseri spirituali celati dietro ad essi, che a lui si rivelavano, non su un piano fisico, ma in uno “spazio animico interiore”. Il piccolo sentiva che simili cose non sarebbero state comprese dal suo ambiente e seppe non farne parola ad alcuno.


Nell’estate 1879, superò l’esame di maturità con lode. Steiner non aveva ancora potuto parlare apertamente delle sue esperienze nel mondo spirituale fino a quando, nello stesso anno, fece la conoscenza di un semplice erborista. La devota, ingenua e profonda saggezza naturale che viveva in quell’uomo, permise a Steiner di scorgere una conoscenza spirituale istintiva, che aveva continuato a vivere nel silenzio attraverso secoli senza essere stata sfiorata dalla civiltà moderna. “Con lui era possibile parlare del mondo spirituale come con qualcuno che ne aveva diretta esperienza”. Rudolf Steiner scrive che, tramite lui, conobbe quel “maestro spirituale” sconosciuto dal mondo: un uomo di semplice professione che gli dette profondi impulsi per la sua vita, tra cui anche quello di penetrare a fondo la mentalità materialistico-scientifica del tempo.



Steiner non riusciva a trovare un ponte tra le scienze naturali, come venivano insegnate nelle università, e la visione spirituale che sperimentava nell’intimo della sua anima. Attraverso Karl Julius Schröer, suo professore di storia della letteratura, ebbe occasione di conoscere, per la prima volta, Goethe come poeta. Grazie ai precedenti studi di ottica, botanica e anatomia, effettuati durante il tempo libero, arrivò anche a “scoprire” Goethe come scienziato. A poco a poco crebbe in lui la convinzione che la scienza moderna, negatrice dello spirito, può solamente afferrare ciò che nella natura è morto; mai l’elemento vitale. Egli vide anche come Goethe, nei suoi scritti scientifici, avesse mostrato una via all’indagine dell’organico e quindi anche un ponte tra la natura e lo spirito. Nel 1885, da parte del Prof. J. Kürschner, lo raggiunse l’invito a curare l’edizione delle opere scientifiche di Goethe per la “Letteratura Nazionale Tedesca”. L’invito offrì la possibilità al giovane studente di approfondire notevolmente i suoi studi scientifici. Tuttavia dovette proseguire nel suo lavoro pedagogico per guadagnarsi da vivere.


Il suo allievo, che era affetto da idrocefalia, aveva dieci anni, ed era talmente ritardato nel suo sviluppo intellettuale che si dubitava seriamente di poterlo educare. Attraverso un lavoro pieno di dedizione, Rudolf Steiner lo porto così avanti che il ragazzo poté essere accettato al ginnasio, tra compagni della sua stessa età. Diventò poi medico e cadde nella prima guerra mondiale. Dopo aver portato a termine con successo questo delicato e veramente difficile compito, che era durato sei anni, Steiner fu in grado di porre le basi di quella antropologia pratica che sempre di nuovo troveremo nella sua opera (quando ad esempio, creerà una nuova pedagogia). Così racconta Rudolf Steiner: “Allora feci i miei veri e propri studi di fisiologia e di psicologia”.



Durante questi anni Rudolf Steiner scoprì che mai il mondo esterno avrebbe potuto dargli quanto egli cercava dal più profondo dell’ anima. Dovette imparare attraverso sforzi interiori a raggiungere in sé stesso l’armonia tra “volere” e “dovere”. I continui, spesso profondi rapporti con poeti, filologi, artisti ed altre personalità del mondo della cultura, accrebbero la sua conoscenza degli uomini e di sé stesso. Diventò ancora più consapevole della peculiarità della propria natura animica. “Nei momenti in cui mi isolavo, sentivo sempre di più che solo un mondo mi era familiare: quello spirituale che vedevo in me. Con quel mondo potevo facilmente unirmi. Spesso mi dicevo, seguendo il corso dei miei pensieri, quanto mi fosse stato difficile, durante tutta la mia infanzia e la mia giovinezza, l’accesso al mondo esteriore mediante i sensi”. Al contrario, l’attività del pensiero gli era facile; era quello il suo vero e proprio elemento: “…Senza il minimo sforzo, ero in grado di afferrare spiritualmente grandi connessioni scientifiche…” All’archivio di Goethe, le sue non comuni capacità di ricerca venivano incontestabilmente riconosciute. Bisogna pensare alla sua superiorità nell’esperienza spirituale, non ad una sua inferiorità in campo scientifico, quando Rudolf Steiner, con modestia, confessa ne “La mia vita” le difficoltà del proprio lavoro all’archivio: “Ho sempre durato molta fatica ad imprimere nella memoria quei dati che è necessario conoscere nell’ambito della scienza. Dovevo vedere più volte un oggetto per ricordarmi il suo nome, a quale classe esso appartenesse, ecc. ecc. Posso dire che il mondo dei sensi aveva per me carattere d’ombra, di mere immagini che vedevo scorrere davanti alla mia anima, mentre il mio rapporto con lo spirito aveva assolutamente carattere di realtà”.


All’età di 35 anni circa, si verificò un cambiamento decisivo. “Un interesse, mai provato prima, per ciò che è sensibile, percettibile, si destò in me. Assunsero importanza alcuni particolari cui prima non avevo prestato debita attenzione. Ebbi l’impressione che il mondo sensibile avesse qualcosa da svelarmi, qualche cosa che esso soltanto potesse svelarmi. Entrai così, per la precisione e la forza dell’osservazione compiuta mediante i sensi, in un dominio sino allora sconosciuto”. La nuova facoltà si ripercosse fortemente sulle sue esperienze spirituali. “Quando si osserva il mondo fisico si esce completamente da se stessi. Proprio per questo si può ritornare nel mondo spirituale con accresciuta penetrazione”. Da anni Steiner era solito praticare la meditazione. Intensificò ora notevolmente quella pratica. Si sviluppò in lui “la coscienza di un uomo spirituale interiore che può svilupparsi nella natura umana e che, liberato totalmente dall’organismo fisico, può vivere, percepire, muoversi nel mondo spirituale. Questo uomo spirituale autonomo entrò nella mia esperienza per effetto della meditazione”. Rudolf Steiner acquistò così il diritto di dirsi cittadino di due mondi, il fisico e lo spirituale. Fu in quell’epoca che Steiner incontrò nel mondo dello spirito quelle potenze demoniache che dalla conoscenza della natura non vogliono portare alla visione dello spirito, ma fanno del pensiero un meccanismo. “Per quelle entità è assolutamente vero che il mondo è una macchina”. Doveva ora condurre in piena consapevolezza una dura lotta interiore: “Dovetti salvare la mia vista spirituale tra le tempeste che si svolsero nella mia anima”. “Durante tali prove, riuscii ad andare avanti solo evocando in me, con la mia vista interiore, lo sviluppo del cristianesimo”.


Rudolf Steiner indica con queste parole l’avvenimento più importante della sua vita. Da fanciullo, Steiner aveva servito la Messa nella chiesa del villaggio. Il culto cattolico fu per lui una profonda esperienza. Ma la sua infantile devozione non aveva nulla di confessionale. Il catechismo non ebbe presa sulla sua anima. Il padre era un “libero pensatore” e non si diede cura di fargli fare la prima comunione. Negli ultimi anni dell’Ottocento, la grande sete di conoscenza diresse Steiner verso alcune concezioni che non erano quelle delle confessioni religiose, il cui insegnamento ufficiale “concerne un mondo dell’aldilà che l’uomo non può raggiungere sviluppando le proprie forze spirituali. Ciò che la religione insegna, ciò che essa dà come legge morale, proviene da rivelazioni esterne all’uomo. A questo si opponeva la mia concezione dello spirito con l’affermazione che il mondo spirituale è altrettanto percepibile quanto il mondo che si manifesta ai sensi. E vi si opponeva anche il mio principio di individualismo etico, per cui la morale non va ricevuta dall’esterno, sotto forma di legge, ma deriva dallo sviluppo dell’entità animico-spirituale dell’uomo, in cui vive un elemento divino”. “Non riuscii a trovare il cristianesimo che cercavo in nessuna delle confessioni esistenti. Così che, dopo dure lotte animiche, dovetti immergermi io stesso nel cristianesimo, e precisamente in quel mondo soprasensibile, nel quale lo spirito stesso ne parla.”

Nel 1902, Steiner fece un passo decisivo in occasione di una c

onferenza per l’Associazione Giordano Bruno. Dichiarò apertamente, per la prima volta, quale sarebbe stato lo scopo di tutta la sua attività futura: “trovare nuovi metodi per lo studio dell’anima su base scientifica”. “Quella conferenza” egli disse “fu la mia conferenza antroposofica fondamentale”. “Il punto di partenza di tutto il mio futuro lavoro”. Si può dunque dire che la sera dell’8 ottobre 1902 segnò l’origine dell’antroposofia.

A partire da quel momento la biografia di Rudolf Steiner è inseparabilmente unita all’impulso spirituale che allora chiamò spesso “teosofia”, ma che ben presto denominerà “antroposofia” (dal greco “anthropos”, uomo, e “sophia” saggezza). Questa definizione voleva significare una forte e più ampia coscienza interiore, grazie alla quale l’uomo può sperimentare se stesso come cittadino di due mondi. A tale definizione aggiunse le parole: “è la coscienza della propria umanità”. Ciò che Rudolf Steiner aveva da dare, non era una nuova visione sociale, una dottrina morale o una nuova religione, nel qual caso avrebbe dovuto fare della propaganda o predicare. Egli aveva da trasmettere delle conoscenze, e questo non poteva accadere che attraverso concetti e idee, cioè attraverso una tale comunicazione di fatti che potesse venir compresa dalla sana ragione umana. In questa maniera la libertà interiore dei lettori e degli ascoltatori era pienamente rispettata.

Durante la prima fase di sviluppo dell’antroposofia, Rudolf Steiner operò, quasi esclusivamente, con la parola e con la penna.


Il primo libro fu: “Teosofia”. In quest’opera, apparsa nel 1904, Steiner compie il primo tentativo di descrivere la natura soprasensibile dell’uomo e i suoi legami col mondo dello spirito. L’autore non vi fa altro appello al lettore se non quello di servirsi della propria cosciente facoltà di percezione e di esercitare il proprio pensiero libero da pregiudizi. Un esempio particolare della sua maniera di esporre le cose ci viene dato nella seconda parte del libro dove Steiner percorre pazientemente con il lettore, passo per passo, ardui nessi di pensieri e lo porta ad ammettere, almeno come possibile, una grande prospettiva: che lo spirito umano ha bisogno per la sua stessa evoluzione di ripetute vite terrene, e che porta con sé, in ogni incarnazione, i frutti delle vite precedenti. Innanzitutto Rudolf Steiner espone le idee della “reincarnazione” dello spirito e del “karma” (cioè legge del destino) come possibili a comprendersi, poi accenna all’indagine spirituale che gli ha fornito prove innegabili della loro realtà.



Nell’altro libro: “Come si consegue la conoscenza dei mondi superiori” viene descritto, con la massima precisione ed efficacia, il metodo con cui si possono raggiungere i medesimi risultati da lui conseguiti nel corso della sua vita. Ma quel libro dà molto di più che una simile relazione. Nelle scuole misteriosofiche dell’antichità, i principi dello sviluppo spirituale venivano comunicati oralmente dal maestro ai discepoli, che erano poco numerosi e scelti con cura. Tale consuetudine fu mantenuta per molto tempo anche dopo l’era antica. Rudolf Steiner si assunse la responsabilità di rendere finalmente pubblico ciò che era stato così lungamente “occulto”. Si rivolge pertanto a tutti gli uomini. “In ogni uomo sono latenti quelle facoltà che possono portare alla conoscenza dei mondi superiori”. Alla fine del libro possiamo leggere: “Si consideri questo libro come un colloquio tra l’autore e il lettore”. Il “colloquio” si appella alla libera capacità di discernimento dell’uomo e sostituisce le antiche forme di istruzione orale che tenevano il discepolo subordinato al maestro (“Guru”).


Appartengono ancora a questo periodo i cicli di conferenze dedicate ai Vangeli. In modo convincente Steiner mostra come i Vangeli non volessero esporre una biografia nel senso comune della parola. Egli fece vedere che in essi il Cristo viene descritto come un essere divino, che dopo aver vissuto nel corpo di Gesù di Nazareth, dal battesimo del Giordano fino alla morte sul Golgota, impresse all’evoluzione non solo dell’umanità, ma della terra e del cosmo intero un nuovo grandioso impulso. Da allora una potente forza spirituale-cosmica agisce dalla terra, ed egli, il Risorto, è per sempre unito alla sfera terrestre. (“… io sarò con voi tutti i giorni…”). Rudolf Steiner fa inoltre vedere che i Vangeli solo apparentemente espongono le opere del Cristo come fatti che hanno avuto luogo sul piano terrestre; in realtà essi additano eventi che furono naturali e soprannaturali nello stesso tempo. Con questo fu gettata una nuova luce su molti “miracoli” (come, ad esempio, la moltiplicazione dei pani e dei pesci). Per molti che hanno perduto la fede nella Bibbia e negli insegnamenti tradizionali della Chiesa, Steiner, con le sue conferenze sui Vangeli, ha aperto la via verso una nuova esperienza del Cristo.


L’antroposofia non è esclusivamente una somma di idee: essa è una forza vivente che concerne tutto l’essere umano, non soltanto il pensiero. Ma Rudolf Steiner non ha mai voluto intendere questo appello a tutte le forze umane come un’azione suggestiva o che violi, in qualche modo, la libertà del singolo. Esiste una sola forma d’espressione che può parlare direttamente alla vita affettiva dell’uomo senza privarlo del suo libero giudizio: Questa forma è l’arte. Nel 1917, in un articolo degli “Enigmi dell’anima” rese pubblica una delle sue più notevoli scoperte. Dopo trent’anni di ricerche silenziose giunse alla conclusione che, nel campo della psicologia e della filosofia, è erroneo ammettere che certe funzioni psichiche siano connesse con dei processi nervosi. Secondo lui, dal sistema nervoso dipende soltanto la “rappresentazione”. Come il “sentimento” dai fenomeni ritmici della respirazione e della circolazione del sangue, e la “volontà” dai processi metabolici. (I nervi “motori” servono non alla trasmissione, ma solo alla percezione degli impulsi della volontà). Funzioni nervose, respirazione e circolazione, metabolismo, per quanto stretta mente legati, sono pure singolarmente indipendenti. La concezione di questi tre sistemi organici autonomi sarà di grande aiuto a Steiner, quando si occuperà dell’organismo sociale.




Da tutto questo poté sorgere un’altra “figlia” dell’antroposofia: la pedagogia steineriana, che ben presto si affermò in tutto il mondo. Nel 1907, infatti, aveva trattato in una esposizione importantissima la “educazione del bambino dal punto di vista della scienza dello spirito”, che venne poi pubblicata in opuscolo. Egli mostrò come una giusta comprensione delle leggi che governano il divenire del fanciullo e dell’adolescente dovesse per forza propria sfociare in una pedagogia completamente nuova. Rudolf Steiner mostra come l’essere umano in divenire avanzi per un difficile cammino le cui tappe faticose sono ben riconoscibili: esse corrispondono al successivo sorgere di necessità materiali e morali ben determinate. Il piano di studi e il metodo da adoperare nella futura scuola furono concepiti per corrispondere, per quanto possibile, a queste necessità. La sua pedagogia traccia soprattutto ad ogni educatore il cammino per una severa educazione di se stesso. A colui che segue tale via con perseveranza i fanciulli stessi insegnano a poco a poco come egli debba insegnare.

Anche dei medici, oltre che degli insegnanti, scoprirono che gli insegnamenti di Rudolf Steiner erano in grado di arricchire notevolmente le loro conoscenze professionali.


Già molto presto Steiner aveva rivolto la sua attenzione a questioni inerenti la medicina. Aveva dimostrato come la scienza dello spirito (antroposofia) possa aprire nuovi orizzonti su quanto concerne l’organismo umano. La caratteristica tutta particolare della medicina ampliata antroposoficamente, consiste specialmente nelI’includere, in base all’indagine soprasensibile, la natura psichica e spirituale del malato nello studio della sua malattia. Steiner illustrava dei casi patologici servendosi di moltissimi esempi e poté sviluppare, dalle sue conoscenze sull’azione reciproca che avviene fra l’organismo umano e i regni della natura, una terapia razionale. Già al principio della sua attivita in campo medico, dichiarò nettamente: “Non interverrò mai in alcun modo in un trattamento qualsiasi; non l’ho mai fatto. Curare le malattie è compito di medici professionisti”. Per essere un vero medico nel senso antroposofico della parola bisogna, Steiner diceva, esser prima di tutto medico nel senso della medicina ufficiale. I suoi contributi, nell’ambito della medicina, non avevano altro scopo se non quello di ampliare la medicina generalmente praticata, non di sostituirla.



Come abbiamo detto prima, Rudolf Steiner era arrivato già da studente alla convinzione che la maniera di osservazione della scienza naturale moderna altro non può afferrare, in fondo, che il lato morto della natura. Attraverso la propria osservazione egli vide che le forze, le quali stanno alla base dei fenomeni organici, provengono da regioni soprasensibili. Steiner chiamò spesso queste forze “forze formative eteriche” e mostrò come sia possibile, in una maniera simile a quella di Goethe, studiare esattamente la loro attività in base a diversi fenomeni fisici. Alcuni scienziati decisero di effettuare un tentativo: quello di dimostrare sperimentalmente l’azione delle “forze eteriche. Dopo esperimenti effettuati con la maggiore cura e attenzione si potè stabilire che non soltanto queste sostanze, ma che anche un gran numero di malattie creano la loro “immagine parlante”; inoltre fu possibile rilevare che i colori e le forme delle immagini dipendono dall’ora in cui è stato compiuto l’esperimento. Ci si trovò così di fronte ad una grande quantità di fenomeni che non si potevano far risalire a processi chimici, ma permisero di riconoscere l’azione di forze “non-chimiche”: di forze “soprasensibil”. Già ai tempi di Rudolf Steiner erano stati pubblicati i primi risultati di simili ricerche. Dopo la sua morte, specialmente dopo la seconda guerra mondiale, il numero delle pubblicazioni aumentò considerevolmente. I due metodi di analisi si sono rivelati di immediata utilità pratica: per esaminare la qualità di alimenti e per la diagnosi precoce di diverse malattie, tra cui il cancro. In numerosi paesi esistono oggi dei laboratori dove si lavora secondo le indicazioni di Rudolf Steiner.

Rudolf Steiner tenne molte conferenze dimostrando come la scienza dello spirito possa incrementare ogni conoscenza e rendere in generale più conscia ed efficiente la vita umana. Possiamo dire senza esagerazione che l’opera da lui lasciata, sia nel genere che nella quantità, non ha uguali nella storia dell’occidente.

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