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La vite e i tralci: la vivente umanità

La scrittura che segue, tratta dal 15° capitolo del Vangelo di Giovanni è attualissima. Si riferisce alla creazione di una “globalizzazione” dell’umanità come organismo animico unitario. La terra deve divenire un “globo” in cui ogni individuo se ne sente non solo cittadino, ma parte viva, cosciente e responsabile. In senso animico, interiore, coscienza entro le coscienze di tutti gli umani.

Il grande “equivoco” di oggi è che invece, si è realizzata la globalizzazione a livello materiale, ampliando le possibilità di connessioni spaziali fra umani e le interazioni di profitto economico.

Nel Vangelo di Giovanni la globalizzazione delle anime significa non unire gli uomini tramite internet, tramite mezzi di trasporto o tramite monete uniche, ma rendere i singoli uomini partecipanti attivi della vita spirituale di tutto l’organismo dell’umanità.

La globalizzazione materialistica tende a fare del singolo uomo un ingranaggio automatico parte di un enorme meccanismo, la globalizzazione del Cristo vuole che l'uomo si senta un organo, un libero membro nel corpo della vivente umanità.


La vite e i tralci Cl 2:6-7; Ga 2:20; Ef 3:17-19; 2:10; Gv 14:21, 23; Lu 13:6-9 1 «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiuolo. 2 Ogni tralcio che in me non dà frutto, lo toglie via; e ogni tralcio che dà frutto, lo pota affinché ne dia di più. 3 Voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunciata. 4 Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dare frutto se non rimane nella vite, così neppure voi, se non dimorate in me. 5 Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete fare nulla. 6 Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. 7 Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto. 8 In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, così sarete miei discepoli.


Nel passo del Vangelo il “Vignaiolo” è il Padre creatore della vita del cosmo. La Vite è la “vita” cosmica che il Padre ha largito all’universo. Al contempo, questa “Vita” è il Cristo stesso: la forza di vita che vibra e risuona in ogni umano è sostanza “Vivente di Cristo” . La “Vita cosmica” può essere chiamata “l’albero della vita” il quale è il Cristo, l’essere datore di vita. E se Cristo è l’albero (la vite) ogni uomo (tralcio) è quindi un ramo di questo albero.

La Vita è una: e da essa appartengono, sono legate, dipendono tutte le vite. La vita della pianta, dell’animale e dell’uomo. Ogni singolo essere è “parte” della vita. Esiste dunque un essere unitario, organico: l’umanità. Una “genealogia cosmica”, un albero gigantesco a cui ogni umano fa parte come singolo arto.


Il Cristo non è solo la vita, ma è anche l'io dell'uomo: la vita della sua anima, la luce interiore, il logos o parola della coscienza. Il Padre è l'io cosmico, il Cristo è l'io individuale di ogni uomo.

Il Cristo annuncia qui la grande necessità di collaborare che vi è fra cosmo e uomo. Solo l'amore e quindi la cooperazione fra ogni ramo, può creare e rendere stabile la salute dell'albero. Solo l'armonia e la salute di ogni ramo possono coinvolgere e collaborare a far evolvere l'albero stesso, il mondo spirituale. Questa salute generale dell'umanità si chiama amore, armonia, fratellanza.


“Io sono la vite”: la vite dà il vino - rosso normalmente - e il vino rappresenta il sangue, come supporto, sostrato delle forze di vita, o meglio forze di amore che possono essere condivise e fruite da ogni essere parte dell’umanità.


Un essere umano dovrebbe essere consapevole che porta dentro la sua coscienza le sorti di tutta l’umanità in quanto sorti anche sue: ogni individuo collabora alla vita dell’umanità, a seconda della sua condotta. Cosi come ogni tralcio influenza la salute della vigna, ogni umano influisce sulla salute dell’umanità. Ogni tralcio che non collabora con la vita di tutta la pianta si secca. Deve essere staccato, strappato via.


Si tratta di comprendere se realmente ci si sente parte attiva dell’umanità come “ramo” di un organismo: perché il non sentirsene parte, significa essere “secchi” e quindi predestinati ad essere “estirpati”.

“Io posso sopravvivere come ramo, solo se coopero con la vita della pianta; volere essere vivo è amare se stessi e al contempo amare la pianta: se non collaboro smetto di amarmi e la vita generale smette di alimentarmi e mi dissecco, mi inaridisco.”



A maggio quando ci sono i tralci giovani si va nella vigna; i tralci che non hanno frutto vengono tolti per dare la possibilità a quelli che hanno già il grappolo dell’uva preformato di maturare bene. Vengono tolti perché sarebbero d’intralcio alla maturazione di quel frutto.

Il contadino pota la vite per eliminare i tralci che stanno seccando, che succhiano vita. Ci si può chiedere: perché qualcuno deve venire tagliato via? Non è crudele? No. Viene potato via chi è egoista, chi non coopera con la vita e quindi diventa un peso, disseccandosi. Questo avviene perché c’è la libertà. Nessuno è costretto a unirsi e a collaborare con l’umanità, col Cristo, nessuno è obbligato a unirsi con l’umanità.


Nella frase del 1° versetto si dice: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiuolo”.

La Natura terrestre (che è la forza del Padre) dice: sei libero di restare in una coscienza privata, separata dall’umanità, sei libero di fregartene dell’umanità, però se lo fai muori. Puoi vivere solo se sei inserito organicamente nell’umanità. Bisogna “tagliare” i rami secchi, morti: altrimenti morirebbe tutta la pianta.


E’ interessante che viene detto: 2 Ogni tralcio che in me non dà frutto, lo toglie via; e ogni tralcioche dà frutto, lo pota affinché ne dia di più”. Un conto è essere “tolti, strappati via”, un altro è “essere potati”. La potatura è una sorta di “purificazione”. Il Vignaiolo “pota” il tralcio che ha fruttificato l’anno precedente, per renderlo ancor meno egoista, meno ottuso, sempre più capace e forte di fruttificare l’anno successivo. Altra cosa è”, l’asportazione, ossia il venire annullati, bruciati nell’individualità.


Il progetto della missione terrestre è di lasciare alla libertà degli uomini sia di operare se vogliono restare un tralcio vivente sia se vogliono diventare morti. Lasciare a ogni singolo, alla libertà di ogni uomo, di decidere se vuole essere un tralcio vivente o un tralcio che muore.


Tiziano Bellucci

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